"Se avessi pensato che Zuckerberg e Sandberg fossero dei mostri, non avrei lavorato in Meta", afferma Nick Clegg sulla cultura tech, l'intelligenza artificiale e l'approccio cauto di Keir Starmer.

"Se avessi pensato che Zuckerberg e Sandberg fossero dei mostri, non avrei lavorato in Meta", afferma Nick Clegg sulla cultura tech, l'intelligenza artificiale e l'approccio cauto di Keir Starmer.

Mentre la pioggia inizia a cadere dal cielo grigio di Londra, Sir Nick Clegg arriva, destreggiandosi nel traffico con quello che sembra essere il suo bucato. Spiega che sono camicie pulite per un servizio fotografico, poi chiede educatamente se può prendere un caffè. Minuti dopo, si scusa di nuovo—prima per aver preferito una sedia di plastica rigida alla poltrona di pelle offertagli, poi per essersi preoccupato ad alta voce che le mie domande potessero farlo sembrare annoiato.

Le impeccabili maniere inglesi non devono essere scambiate per timidezza. A 58 anni, Clegg rimane l'unica figura politica britannica che potrebbe essere interpretata in modo convincente dall'altrettanto posh ma riservato Colin Firth—la cui ex casa londinese Clegg ha recentemente acquistato. Ciononostante, ci sono parlamentari di secondo piano con molta più presunzione dell'ex vice primo ministro, che è poi diventato il numero due del colosso tecnologico Meta. Forse è un bene, voci dicono che il suo prossimo ruolo potrebbe essere quello di sostenere l'emergente carriera politica in Spagna della moglie avvocato, Miriam González Durántez.

Si scopre che lei "non si è mai veramente stabilita" nella terra dei tech bro miliardari—uno dei motivi per cui la coppia ha lasciato la vita in piscina a Palo Alto, in California, per Londra quasi tre anni prima che lui lasciasse Meta, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp. "Ora sta fomentando l'insurrezione in Spagna", scherza Clegg, riferendosi alla sua organizzazione no-profit España Mejor, che mira a coinvolgere i cittadini nella creazione di politiche.

È quasi come se i ruoli si fossero invertiti. "Sì, beh, lei sarebbe una politica molto migliore di me", ride. Una settimana dopo, circolano voci secondo cui González Durántez potrebbe considerare di guidare un nuovo partito liberale spagnolo.

Se Clegg dovesse mai aver bisogno di entrare con grazia nell'ombra politica della moglie—come fece Bill Clinton per Hillary—sospetto che si troverebbe a suo agio. Ha passato 15 duri anni in prima linea: prima come leader dei Liberal Democratici in una coalizione guidata dai Conservatori, spesso a difendere o scusarsi per i compromessi del potere, seguito da un ruolo simile—sebbene meglio retribuito—come presidente degli affari globali in Meta.

Le voci che abbia guadagnato 100 milioni di sterline in stipendi e stock option in sette anni nella Silicon Valley sono vere? "Sono sicuro che siano sbagliate, ma non ho..." Esita. "Sono stato pagato estremamente bene. Mi sento estremamente fortunato."

In ogni caso, forse ciò che i suoi critici vogliono sapere di più è se credesse veramente nella causa o si sia venduto alle big tech per i soldi. "Temo che la verità sia peggiore di quanto immaginino", dice affabilmente. "Credo davvero che, nonostante i suoi difetti, i social media abbiano permesso a miliardi di persone—specialmente quelle in Africa, America Latina e Asia, che le élite culturali come noi nel mondo sviluppato spesso trascurano—di comunicare in modi mai possibili prima."

Quindi questo grande esperimento umano di connettere miliardi ne è valsa la pena? "Tutto ciò che dà potere alle persone di esprimersi—ho una convinzione liberale molto viscerale che sia una cosa positiva. E tutte le prove che ho visto suggeriscono che l'effetto netto è molto positivo."

Ciò che viene dopo è ciò che lo preoccupa. Il suo nuovo libro, How to Save the Internet, avverte delle minacce a un internet globale libero e aperto da parte degli autocrati e della crescente lotta per il potere sull'IA.

Clegg ha annunciato il suo addio a Meta solo settimane prima che tutti i titani della tecnologia—Jeff Bezos, Elon Musk, il suo ex capo Mark Zuckerberg—fossero fotografati in fila obedientemente all'inaugurazione di Donald Trump. Il tempismo non era una coincidenza: Clegg si aspettava che Trump vincesse ma non aveva previsto "l'avidità con cui la Silicon Valley sarebbe passata dall'essere diffidente verso la politica al cercare attivamente influenza." Aveva a lungo sostenuto che Meta dovesse restare fuori dalla politica, ed evidentemente, allinearsi troppo strettamente con la nuova amministrazione era la sua linea rossa.

Tuttavia, insiste che il suo addio è stato "molto civile". Non criticherà i cambiamenti politici annunciati pochi giorni dopo la sua partenza—come sostituire i fact-checker professionisti su Facebook e Instagram con un sistema stile Wikipedia dove gli utenti correggono la disinformazione, e allentare le restrizioni sulla pubblicazione di questioni controverse come l'immigrazione o il genere. Questi cambiamenti erano intesi a ridurre ciò che Mark Zuckerberg chiamava "errori di censura". Clegg sostiene che questa correzione di rotta non fosse illogica. "Penso fosse ragionevole dire, specialmente durante la pandemia, che abbiamo un po' esagerato. Per la maggior parte del mio tempo lì, la pressione dai governi e persino da giornali come il Guardian era sempre 'toglilo'."

Nella Silicon Valley, tutti indossano gli stessi vestiti, guidano le stesse auto, ascoltano gli stessi podcast. È un comportamento da branco.

Ma era d'accordo con i commenti di Zuckerberg sul podcast di Joe Rogan—popolare nella "manosphere"—che la vita aziendale ha bisogno di più "energia maschile" e una cultura che "celebra un po' di più l'aggressività"? C'è una pausa. "Non fa per me", dice piatto. "Non so davvero cosa dire al riguardo." Beh, potrebbe semplicemente dire cosa pensa.

"Quando penso a tutti i problemi nella società, non penso che l'unica cosa di cui abbiamo bisogno sia più mascolinità", inizia lentamente, poi improvvisamente prende velocità, diventando sempre più indignato. "Penseresti, no, che se fossi immensamente potente e ricco come Elon Musk e tutti questi altri tech bro e membri di quella community di podcast, rifletteresti sulla tua fortuna rispetto alla maggior parte delle altre persone? Ma ecco la cosa interessante." Il suo tono diventa più caustico. "Nella Silicon Valley, lontano dal pensare di essere fortunati, pensano di essere trattati ingiustamente—si vedono come vittime. Non potevo, e ancora non posso, capire questa combinazione profondamente sgradevole di machismo e autocommiserazione."

Insiste di non dirigere niente di tutto ciò personalmente a Zuckerberg. "E per favore non ritrarlo in quel modo—è una questione culturale, dalle buffonate di Elon Musk con la motosega a qualsiasi podcast della Silicon Valley. Se sei abituato al privilegio, l'uguaglianza sembra oppressione."

Non è la prima volta che l'idea di riconoscere il privilegio emerge nella nostra conversazione—Clegg scherza che tornare a Londra ha aiutato a prevenire che il loro figlio minore, il sedicenne Miguel, crescesse come un "viziato marmocchio della Silicon Valley"—ma sembra la più sentita, forse radicata nella sua stessa infanzia.

Nick Clegg è nato nel Buckinghamshire, il terzo di quattro figli. Suo padre era un banchiere mezzo inglese e mezzo russo, e sua madre olandese è sopravvissuta all'internamento e alla quasi fame in un brutale campo di prigionia giapponese da bambina. Quelle esperienze precoci hanno lasciato il segno: Clegg e i suoi fratelli, sebbene educati privatamente, sono stati cresciuti per non dare per scontato le loro vite privilegiate e per non sprecare mai cibo.

Dei tre ambienti in cui ammette di aver lavorato—Bruxelles come eurodeputato, Westminster come deputato, e infine la Silicon Valley—Clegg ha trovato Westminster "il più insopportabile, in parte per la sua ossessione per le glorie passate e la sua pomposità generale."

Carismatico e intelligente, era dato per favorito alla leadership ancora prima di entrare in Parlamento nel 2005. Ma persino lui sembrava leggermente turbato dalla "Cleggmania", quel periodo febbrile del 2010 quando gli elettori, non impressionati da Gordon Brown o David Cameron, decisero—nello slogan del primo dibattito elettorale televisivo—che anche loro "erano d'accordo con Nick." Col senno di poi, la Cleggmania prefigurava un'ondata molto più arrabbiata di rivolta populista contro il mainstream.

Ma non poteva sopravvivere alla sua decisione di unirsi a Cameron in un governo di coalizione. Nel governo di coalizione, i Liberal Democratici vinsero alcune vittorie—come assicurare pranzi scolastici gratuiti e tagli alle tasse per i redditi bassi—ma non si ripresero mai dall'avere dovuto difendere tagli ai sussidi di welfare e rompere la promessa di abolire le tasse universitarie. Dopo la loro devastante sconfitta nelle elezioni del 2015, Nick Clegg poteva solo guardare dai banchi dell'opposizione mentre David Cameron indiceva e perdeva il referendum sulla Brexit—un risultato che ancora fa arrabbiare Clegg. (Si irrigidisce visibilmente ogni volta che viene menzionato il suo ex partner di coalizione. Quando menziono di aver sentito che Cameron invidiava il lavoro di alto profilo di Clegg e il nuovo inizio in California, la sua unica risposta è un secco, "Non posso commentare su come si sentono gli altri.") Clegg è convinto che la Gran Bretagna rientrerà nell'UE durante la sua vita, e se quel dibattito dovesse riaprirsi, dice, "lascierei tutto—che sia per imbustare o per presidiare le barricate."

Nel 2017, Clegg perse il suo seggio parlamentare contro un candidato laburista poco impressionante che fu poi incarcerato per frode. Ma non fu la cosa peggiore accaduta quell'anno. Quell'autunno, lui e sua moglie rivelarono che il loro figlio maggiore, Antonio, allora 15 anni, aveva subito un trattamento per il cancro. (Fortunatamente guarito, Antonio e suo fratello minore Alberto sono poi rimasti negli Stati Uniti per l'università e il lavoro.) Casualmente, la famiglia aveva vacanzato in California quell'estate per celebrare la fine della chemioterapia di Antonio. Così quando la dirigente di Facebook Sheryl Sandberg si avvicinò a Clegg per un lavoro nel 2018, "potemmo dire ai ragazzi, 'Volete tornare a vivere nel posto dove abbiamo appena vacanzato?'"

L'idea di ricominciare nella soleggiata e ottimista California chiaramente attirava più che "cercare di rivangare le battaglie del passato" in Gran Bretagna. Eppure significava saltare dalla padella alla brace—unirsi a una compagnia accusata di aver aiutato a far vincere le elezioni del 2016 a Trump, danneggiare la salute mentale degli adolescenti, e non prevenire che la sua piattaforma in Myanmar fosse usata per incitare violenza contro la minoranza Rohingya, che portò a migliaia di morti e oltre 700.000 persone in fuga.

Clegg insiste che non si sarebbe unito a Facebook se non fosse stato convinto che la compagnia volesse cambiare. Ma, importante, ha anche un forte impegno per la libertà di parola—anche quando è offensiva—radicato nella sua educazione liberale nell'era pre-internet. In governo, si scontrò ripetutamente con l'allora ministro degli interni Theresa May sulla sorveglianza statale online, e ora è a disagio leggere della polizia britannica che fa 30 arresti al giorno per presunti post offensivi sui social media.

Chiaramente lo infastidisce che le voci più forti che sostengono la libertà di parola oggi non siano liberali ma figure come il leader di Reform UK Nigel Farage—che recentemente ha criticato la verifica dell'età sui social media intesa a proteggere i bambini da contenuti legali ma dannosi come la pornografia—e il vicepresidente americano JD Vance. "Non c'è nulla che trovi più nauseabondo", dice Clegg, "dell'ipocrisia sfacciata dei membri dell'amministrazione Trump che volano in prima classe in Europa per pontificare sulla difesa della libera espressione, poi volano indietro per intimidire e bullizzare i loro oppositori." Nota che è negli Stati Uniti, non in Europa, dove gli studenti stranieri si sentono sotto pressione per ripulire i loro profili social per evitare la deportazione. Tuttavia, avverte che se le repressioni sui cosiddetti danni online—contenuti odiosi ma non illegali—diventano troppo ampie, saranno sfruttate politicamente. "I Farage di questo mondo avranno più ascolto più questi confini sono imprecisi."

Nonostante le sue inclinazioni libertarie, la Silicon Valley è stato uno shock culturale. In un'industria fissata sulla competizione con la Cina, l'Europa è a malapena registrata—l'unica presenza britannica che ha notato era... Molte persone chiedevano di Harry e Meghan, un argomento che considera con "indifferenza alzando le spalle." Sebbene il suo libro sia spesso molto divertente—come descrivere Musk che si unisce a un vertice sull'IA via video link dal suo jet privato come "un video di ostaggio girato sulla Morte Nera", o l'ex segretario alla cultura Nadine Dorries che gli chiede di rimuovere un tweet controverso, apparentemente inconsapevole che Meta non possiede Twitter (ora X)—Clegg ha rapidamente imparato a evitare battute al lavoro. Un rompighiaccio sul non portare il proprio "vero sé" in ufficio è stato accolto con un silenzio di ghiaccio.

Sebbene gli piacesse esplorare la natura con i suoi figli, ha trovato la Silicon Valley "stucchevolmente conformista", nonostante la sua reputazione per la disruption radicale. "Tutti indossano gli stessi vestiti, guidano le stesse auto, ascoltano gli stessi podcast, e seguono le stesse tendenze. È un luogo costruito su un intenso comportamento da branco."

Anche da outsider, Clegg crede ancora che la tecnologia sia una forza per il bene. Il suo libro è un appello a mantenere il libero flusso di informazioni e denaro attraverso i confini in un momento in cui le barriere si alzano. Ma affronta anche le affermazioni che i social media hanno reso le persone più arrabbiate, meno informate, e più infelici. In vero stile centrista, sostiene che la realtà è più sfumata: "Non è che accendi il telefono, scrolli, e improvvisamente i tuoi percorsi neurali sono riprogrammati per pensare e sentire cose che non hai mai fatto prima."

Vorrebbe che Keir Starmer e Rachel Reeves prendessero rischi più grandi. "Quello che impareranno, come ho fatto io, è che hai solo una possibilità."

Clegg sostiene che le prove che collegano i social media alla salute mentale dei bambini sono più deboli di quanto spesso suggerito, notando che alcuni adolescenti in difficoltà trovano conforto online. Tuttavia, riconosce che questo non è sempre il caso per individui vulnerabili. Nel 2021, un whistleblower ha trapelato ricerche interne di Instagram indicanti che molte ragazze già in difficoltà con problemi come l'immagine corporea sentivano che i social media peggioravano le loro difficoltà.

Sostiene le richieste per nuovi limiti di età sull'uso dei social media da parte dei bambini. "Non posso pensare a una decisione migliore che i parlamenti prendano, piuttosto che i dirigenti tech." Suggerisce che i 13-16enni dovrebbero avere accesso a piattaforme separate, appropriate all'età, con restrizioni applicate attraverso gli app store quando si configura un telefono.

Allo stesso modo, sostiene nel libro che la polarizzazione affettiva—ostilità verso quelli con diverse opinioni politiche—ha iniziato a salire negli Stati Uniti prima che i social media diventassero diffusi e è persino diminuita in alcuni paesi con la loro crescita. Quando gli viene chiesto se l'influenza dei social media sulla politica sia più o meno malsana di quella delle figure dei media tradizionali come Rupert Murdoch e Paul Dacre, risponde, "Penso che sia molto più malsana nelle mani di qualcuno come Dacre, che è noto per mettere in ginocchio le persone che non gli piacciono per fini politici. Nessun dirigente tech farebbe quello, perché gli operatori delle piattaforme non generano i contenuti loro stessi."

Le sue argomentazioni sono consegnate con la fluidità di